Marina Martorana è giornalista di attualità, autrice di manuali/saggistica e consulente di comunicazione
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Acquisto di like, follower, commenti per gettonatissimi profili Facebook

Un altro aspetto di Facebook, non meno inquietante dei falsi profili, riguarda la perenne compravendita in corso nella mega piazza virtuale. Non intendo certo inserzioni pubblicitarie o link di e-commerce, evidenti in quanto tali e soggetti alla libera scelta individuale.

Mi riferisco a qualcosa di occulto, macinato dietro le quinte del visibile con algoritmi e sofisticati sistemi tecnologici:  gli utenti non sanno chi accede ai loro dati. E per quale scopo.  Ricordo che la vicenda più clamorosa è saltata fuori l’anno scorso grazie alle ottime inchieste parallele di The Guardian e del New York Times. La società di consulenza britannica Cambridge Analytica avrebbe usato illecitamente i dati di oltre 50 milioni di elettori americani naturalmente ignari ( monitorandone psicologia e comportamenti in base alle loro attività su Facebook) per influenzarne il voto alle urne.

Una storia importante che, a poche ore dalla pubblicazione delle inchieste sui giornaloni anglosassoni, ha fatto calare il valore delle azioni di Facebook del 6,8% ed è costata allo stesso Mark Zuckemberg più di 9 miliardi di dollari del suo personale patrimonio.  

Il punto è che situazioni di questo tipo, sia pur declinate in modi e dimensioni diverse, sono all’ordine del giorno anche in Italia.  Internet pullula di società che offrono come servizio di punta l’acquisto di like, follower e commenti per i profili dei social network, Facebook in testa. Non le nomino solo per non pubblicizzarle. Provate a digitare in un motore di ricerca le parole chiave e zacchete, compaiono subito con indirizzo, numero di telefono etc. 

E’ tutto lecito? Tali venditori parlano di dati reali: like, follower, commenti non sarebbero inventati di sana pianta per far accrescere la notorietà del tal profilo, bensì proverrebbero da persone in carne e ossa. Ma queste persone ( che magari perlopiù vivono in Groenlandia, in Nuova Zelandia, in Brasile) sono a conoscenza di venir utilizzate?  

E in ogni caso, quel personaggio nazionale o internazionale che annovera migliaia di like, follower e commenti, è davvero interessante per la comunità, oppure appare solo tale? La gente, quella vera per capirci, è veramente così attratta dal tal gettonatissimo profilo, quindi da quei contenuti e da quanto esprime?  Influenza o è tutto un bluff? 

Questo fattore può sballare previsioni (serie) di vendita, di marketing, di analisi economiche e sociali  

La vicenda punta ancora una volta l’attenzione su realtà-reale e realtà-virtuale. E il caos che genera nel grande pubblico. Ignaro.   

 

 

 

 

Facebook, tra grammatica e selfie

Saper vivere nella jungla digitale. Stavamo dando un’occhiata a Facebook. E, dopo la teoria, riprendiamo il discorso entrando nel vivo del social network numero uno al mondo. Che è snobbato da una folta schiera di intellettuali (e pseudo tali) in quanto ritenuto il bar Sport virtuale. In effetti, e sia pur senza pretese accademiche,  rappresenta una piazza popolare dove ognuno si esprime senza ritegno.  O forse, nascosto dallo schermo e magari da un falso profilo, butta fuori il senso del vivere che cova dentro di sé, la sua sociocultura.

A partire da grammatica e ortografia di livello elementare e pre.   La maggior parte dei post contiene errori che vanno dalla declinazione dei verbi alla punteggiatura, passando per i mille altri rivoli dell’alfabetismo, esempi:o e a usati come verbi. Non convince la giustificazione di alcuni ” dipende dalla fretta”, perché allora …non scrivere in fretta.  Il punto è che l’impressione di chi legge un testo sgrammaticato, ovunque esso sia, non può essere positiva. Se si considera che diversi head hunter cercano persone cui offrire un lavoro di un certo livello proprio su Facebook, la conclusione è presto fatta. 

Sempre in ambito professionale, molti ritengono che il loro profilo FB sia assolutamente personale, nulla c’entri con la loro attività. Ma come è possibile, se è sotto agli occhi di chiunque? Suvvia, un po’ di buon senso logico.  E ogni foto, ogni dichiarazione, ogni commento viene letto da chi capita, per caso o per amicizia, oppure per via di un altro amico virtuale che ha commentato in quel rettangolino tecnologico. 

Le restrizioni di accesso ci sono, ma  blande, si sa. O non si sa? D’altronde è un social network, utilizzarlo come diario è da ingenui. A meno che non si voglia trasmettere quell’immagine di sé , tutt’altro discorso perché rientra in una precisa strategia. Non intendevo questo. Bensì mi riferivo a donne manager che postano decine di selfie al giorno in pose diviche,spesso cambiando look nel corso della giornata e in situazioni diverse , davanti a una statua, al mare, a un tramonto ( ma quando lavorano?). Idem per  gli uomini imprenditori – sempre selfie – al bar per  un caffé, poi nel bel ristorantino per  pranzo, infine per aperitivo e cena, in compagnia di amici o di belle ragazze (ma quando lavorano?). 

Ultima nota, poi passo e chiudo. I selfie stanno passando di moda. Uno ogni tanto , de gustibus.., ci può stare. Troppi no, incutono sospetti (vedi sopra) sulla professionalità dei vari personaggi, che passano per degli sfigati.Gente che non sa più che fare per attirare l’attenzione su di sé

 

 

Note di bon-ton digitale

Il saper vivere oggi, anno 2019

Note di bon-ton digitale (o meglio, come sopravvivere nell’era moderna più incivile)

Sì, i contenuti principali di questi appunti riguardano l’educazione, non in senso formale quanto di comportamento aggiornato e adeguato alle circostanze. Il saper vivere oggi, anno 2019.

Perché ruotiamo in un miscuglio scontornato composto da realtà reale e realtà virtuale. In una società che da liquida, per dirla con Baumann, sta diventando una palude increspata dall’inadeguatezza.

Partiamo da Facebook i cui numeri parlano chiarissimo.

Secondo gli ultimi rilevamenti, Facebook ha 2,2 miliardi di utenti attivi nel mondo. In Italia, 31 milioni ogni mese e 25 milioni ogni giorno. Il 48% sono donne, il 52% uomini. Non ultimo, il 58% ha più di 35 anni.

Vi riuscite a immaginare 25 milioni di persone che vivono quotidianamente (anche) su Facebook?

La fluidità del lifestyle contemporaneo si scontra con il caos generato tra essere e mostrarsi. La libertà di espressione su di un mezzo di comunicazione pubblico – quella democrazia, appunto, consentita dai social network – scatena vanità, invidia, egotismo, rivalse pseudo intellettuali.

Aspetti tenuti più o meno sotto controllo nella vita reale da forme di autocontrollo o consuetudini, irrefrenabili nel proprio profilo web, perlopiù inconsciamente vissuto come una compensazione alle frustrazioni della realtà reale.

In estrema sintesi, finalmente si è protagonisti, si ha un seguito, e pure dei fan, si possono mostrare gli spaghetti al sugo di pesce cucinati benissimo, dire la propria sul governo, postare aforismi, le immagini dei figli, come di Fido o di Bobi, pubblicare le foto del viaggio esotico. In modo che tutti possano vedere “quanto sono bravo/a”.

D’altronde, entrambi gli aspetti del vivere digital e live, fanno parte nello stesso, identico tempo della nostra quotidianità e stanno creando una gran confusione, con conseguente diseducazione/maleducazione.

No comment sull’ignoranza che aleggia soprattutto ( ma non solo) sui mezzi tecnologici e sui social, diretta conseguenza di una nuova forma di inciviltà.

Che non riguarda tutti, per somma fortuna. E i sopravvissuti allo sbandamento socioculturale del periodo, di ogni età e provenienza, notano con forte senso critico i cosiddetti webeti, addocchiati appunto in rete. Li allontanano e spesso si allontanano schifati da quella fettona di Internet che si chiama Facebook e rappresenta il maggior collettore al mondo di umanità.