Marina Martorana è giornalista di attualità, autrice di manuali/saggistica e consulente di comunicazione
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Note di bon-ton digitale

Il saper vivere oggi, anno 2019

Note di bon-ton digitale (o meglio, come sopravvivere nell’era moderna più incivile)

Sì, i contenuti principali di questi appunti riguardano l’educazione, non in senso formale quanto di comportamento aggiornato e adeguato alle circostanze. Il saper vivere oggi, anno 2019.

Perché ruotiamo in un miscuglio scontornato composto da realtà reale e realtà virtuale. In una società che da liquida, per dirla con Baumann, sta diventando una palude increspata dall’inadeguatezza.

Partiamo da Facebook i cui numeri parlano chiarissimo.

Secondo gli ultimi rilevamenti, Facebook ha 2,2 miliardi di utenti attivi nel mondo. In Italia, 31 milioni ogni mese e 25 milioni ogni giorno. Il 48% sono donne, il 52% uomini. Non ultimo, il 58% ha più di 35 anni.

Vi riuscite a immaginare 25 milioni di persone che vivono quotidianamente (anche) su Facebook?

La fluidità del lifestyle contemporaneo si scontra con il caos generato tra essere e mostrarsi. La libertà di espressione su di un mezzo di comunicazione pubblico – quella democrazia, appunto, consentita dai social network – scatena vanità, invidia, egotismo, rivalse pseudo intellettuali.

Aspetti tenuti più o meno sotto controllo nella vita reale da forme di autocontrollo o consuetudini, irrefrenabili nel proprio profilo web, perlopiù inconsciamente vissuto come una compensazione alle frustrazioni della realtà reale.

In estrema sintesi, finalmente si è protagonisti, si ha un seguito, e pure dei fan, si possono mostrare gli spaghetti al sugo di pesce cucinati benissimo, dire la propria sul governo, postare aforismi, le immagini dei figli, come di Fido o di Bobi, pubblicare le foto del viaggio esotico. In modo che tutti possano vedere “quanto sono bravo/a”.

D’altronde, entrambi gli aspetti del vivere digital e live, fanno parte nello stesso, identico tempo della nostra quotidianità e stanno creando una gran confusione, con conseguente diseducazione/maleducazione.

No comment sull’ignoranza che aleggia soprattutto ( ma non solo) sui mezzi tecnologici e sui social, diretta conseguenza di una nuova forma di inciviltà.

Che non riguarda tutti, per somma fortuna. E i sopravvissuti allo sbandamento socioculturale del periodo, di ogni età e provenienza, notano con forte senso critico i cosiddetti webeti, addocchiati appunto in rete. Li allontanano e spesso si allontanano schifati da quella fettona di Internet che si chiama Facebook e rappresenta il maggior collettore al mondo di umanità. 

Comunicare non è un’improvvisazione ma una scienza

Tempo fa ho scritto per la testata on line  www.outsidernews.net  questo articolo che ripropongo anche sul mio blog,  perché mi sembra che di (vera) comunicazione si parli troppo poco

Comunicare? Non è un’improvvisazione. Ma una scienza con tecniche, metodi, regole

E’ come minimo curioso che in Italia la comunicazione (professionale) non sia ancora tanto nota. Gran parte la intende come ufficio stampa, ovvero l’impostazione di un rapporto diretto con i media per diffondere le notizie aziendali. Altri la confondono con le PR, pubbliche relazioni, che in realtà consistono in un metodo che oscilla dal corretto cortese al super lecchino per acquisire e mantenere buoni rapporti con quanti di proprio interesse. Ci sono poi quelli che si ritengono assolutamente socievoli e quindi autosufficienti in materia. E magari lo sono pure al Bar Sport con gli avventori o a cena a casa di amici, ben diverso interfacciarsi con un top manager per una trattativa commerciale. E ancora, alcuni non hanno proprio idea che i modi di parlare, scrivere, comportarsi incidano nei loro rapporti di lavoro. E spesso li determinino.

La metafora sta proprio nella storia della comunicazione, con l’aneddoto della nave di Teseo. Nell’antico mondo greco, in cui gli eventi si intrecciavano con leggenda e mitologia, ricordiamo la morte di re Egeo, suicida per via di un errato messaggio, pervenutogli a distanza. Il figlio Teseo, infatti, al ritorno via mare dall’impresa vittoriosa contro il Minotauro, aveva dimenticato di sostituire le vele nere con quelle bianche. Segnale concordato in precedenza per far intendere da lontano al padre, in sua attesa sulla terraferma, che la missione era riuscita e lui era salvo.

La precisione, essere o imparare a essere precisi, non a caso è una delle tante tecniche della comunicazione.

Non se la prendano i pochi e veri esperti, noi giornalisti scriviamo per il vasto pubblico. O meglio, cerchiamo di diffondere informazione proprio nei settori meno conosciuti.

Comunicare, si sa, è un’esigenza che nasce nella notte dei tempi. E si è evoluta di pari passo alla Storia: dai segnali di fumo gestiti con fiamma più alta o bassa, intensa o tenue della Mesopotamia datata 3500 a.C. alla odierna tecnologia, con la digitalizzazione e i social.

Questo significa, semplicemente, che la comunicazione viaggia in ogni senso al ritmo dell’attualità.

Piccola parentesi etimologica: la parola comunicazione deriva dal greco antico koinòs, che significa ‘mettere in comune’. e poi dal latino, cum (con) e munire (legare, costruire) e ancora da communico, mettere in comune, far partecipe, che a sua volta deriva dall’aggettivo communis, comune, che appartiene a molti e significa anche affabile, cortese, come dal sostantivo: comunità, nazione, bene comune.

In sintesi, la comunicazione è un affascinante insieme di azioni, gesti, silenzi, parole scritte, verbali e non verbali, comportamenti, atteggiamenti che consente alle persone di intendersi, unirsi, scegliere percorsi appunto comuni. Come raccontavamo prima, l’esigenza umana di codificare i segnali per mandare messaggi è preistorica.

Facendo un grande balzo di secoli in avanti, dopo la rivoluzione industriale e la diffusione della psicologia, nei Paesi anglosassoni (Stati Uniti in testa) sono iniziati i primi studi: regole, metodi, tecniche, via via affinati e tuttora oggetto di continue evoluzioni. Così la comunicazione è diventata una scienza.

Ed eccoci in Italia dove, nei primi anni Novanta, è stata istituita la laurea in Scienza della Comunicazione. Tanto basic quanto introduttiva all’argomento. Che oggi è sviscerato in master, corsi, stage, workshop rivolti principalmente a imprenditori, manager e ai responsabili aziendali dei settori comunicazione, marketing, pubbliche relazioni, risorse umane.

Durante questi momenti di formazione i docenti insegnano l’approccio metodologico e scientifico ai canali di comunicazione. Forniscono, in pratica, gli strumenti per mettere in atto professionalmente l’efficacia del saper comunicare. Magari durante una negoziazione, nel public speaking, nel time management, nella gestione dei rapporti, nel problem solving.

E tra le tante materie e tematiche di apprendimento (naturalmente variano secondo il ciclo di lezioni scelto), per esemplificare non manca la morfopsicologia, lo studio della personalità attraverso i tratti del volto. Utile per capire subito il profilo caratteriale di chi si ha di fronte. Oppure, la comunicazione non verbale e le micro espressioni facciali, per leggere i messaggi di tensione, alto gradimento, noia, simpatia, rifiuto inviati inconsciamente dall’interlocutore. E, naturalmente, a comportarsi di conseguenza. Come anche per scoprire che esistono ben undici forme di domande e nove di colloquio. Non certo ultimo, focus sulle meta domande, ovvero le domande giuste. Mai generalizzare, è una forma errata di espressione: per gestire con successo un incontro bisogna saper utilizzare la precisione. Una tecnica, appunto. Non un’improvvisazione.

Comunicazione: deve essere più profonda e autentica. Parola di Shingy.

E’ molto interessante quanto sostiene Shingy, o meglio il guru australiano della comunicazione digitale David Shing. Si definisce un profeta del settore ma, al di là di questa ridondante sovraesposizione personale che potrebbe celare un personaggio montato dall’ego come mille altri, va ascoltato con attenzione. Shingy capta con raffinata sensibilità e con l’ausilio di quintali d’informazione internazionale la direzione da prendere per ottenere risultati efficaci. O meglio, reali. Veri. Incisivi.

Occorre una comunicazione più profonda, spiega in un’intervista, lontana dal solito rumore.

E a proposito del rapporto tra uomo e tecnologia l’esperto ha affermato, in sintesi: «Ci stiamo spostando da un mondo in cui l’influenza arriva dalle celebrità, dall’alto, verso una situazione di dialogo tra pari. Quella, col tempo, sta diventando solo rumore e poco autentica”

E’ straordinariamente vero che oggi i fari illuminanti nella società siano i cosiddetti influencer, oppure gli straVIP.  Modelli di emulazione di massa soprattutto in Italia, il nostro Belpaese che più di altri ha bisogno di capo-branco da seguire come un gregge. Per ragioni soprattutto socioculturali, forse più culturali che social “il solito rumore” è percepito rassicurante come la coperta di Linus e appagante per sentirsi trendy.

Eppure l’evoluzione esiste, scalpita, infrange i vetri in cui riflettersi e abbatte i muri della consuetudine. E noi tutti dobbiamo tenerne conto. La comunicazione è in sella all’oggi e cavalca verso il domani .