Marina Martorana è giornalista di attualità, autrice di manuali/saggistica e consulente di comunicazione
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Case di tolleranza? Sì, ma per donne

Premessa: sono abbonata ad Anteprima , la newsletter di Giorgio Dell’Arti. Un ottimo lavoro giornalistico che offre non solo anticipazioni di quanto pubblicato sui media del giorno, ma soprattutto approfondimenti sui tanti aspetti dell’esistenza. Oggi mi è venuto in mente di scrivergli e pubblico la lettera anche nel mio blog.

Caro Giorgio, leggo sempre con interesse Anteprima e apprezzo la tua iniziativa di pubblicare lettere di ex signorine a Lina Merlin sino all’8 marzo. 
E’ una documentazione storica. Dubito possa scuotere le coscienze. O meglio, non credo possa essere d’aiuto alla parità tra sessi. Né a una eventuale riapertura o meno delle cosiddette case di tolleranza. Chiuse o aperte, di fatto cosa cambia? Quando descritto risale agli anni Cinquanta, oggi siamo nel 2018 e la prostituzione esiste ancora, modi e stili di vita attuali…ma sostanzialmente come allora. Benché non regolamentata. 
Puttane, battone, escort : un esercito non solo di straniere disperate  ma pure di italianissime. Con relativi papponi. Per la strada, in macchina, nei motel, in appartamenti squallidi o di lusso.
Tutto questo alimenta oggettivamente l’evasione fiscale, la mancanza di reali controlli igienici tra i due ( o i tre) e quindi la possibile diffusione di malattie veneree, la sociocultura  che “la donna è merce, si può comprare”.
Penso che l’unico modo per far riflettere l’opinione pubblica – e forse modificare qualche idea – sarebbe di aprire una casa di appuntamenti legale, ma per donne. Nel senso che una donna entra, sceglie l’ometto a disposizione che più la attizza, paga la sua marchetta, se lo porta in camera, fa sesso con lui.
E poi, bye bye.  
Ben diverso che doversi sorbire per una serata o per un viaggio uno gigolò, belloccio ma perlopiù imbesuito.