Marina Martorana è giornalista di attualità, autrice di manuali/saggistica e consulente di comunicazione
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Appunti di comunicazione, come applicarla e i flop: occhio ai tempi

Parto dall’accademico per arrivare a oggi. Anche perché la sociologia della comunicazione in Italia è “scienza” recente, come d’altronde la stessa comunicazione, databile anni Novanta con le prime facoltà universitarie. Abbiamo importato queste discipline ( e le loro derivate) da cultura e modelli anglosassoni e sono solo apparentemente note al grande pubblico e, ahinoi, pure a chi se ne occupa professionalmente. Ecco qualche utile appunto per chi è interessato ad approfondire o a capire.

LA SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE
È quella branca della sociologia che studia nel dettaglio le implicazioni socioculturali che nascono dalla mediazione simbolica, con particolare riguardo all’uso dei mezzi di comunicazione di massa.
Essa studia dunque la radio, il cinema, la televisione, la stampa e, più recentemente, i nuovi media. Studiare i mezzi di comunicazione significa esaminare come lo stesso messaggio mediatico abbia, a seconda del contesto culturale, economico e sociale in cui viene ricevuto, conseguenze differenti sui gruppi sociali, come sui singoli individui che ne fanno parte (l’attenzione specifica sui singoli è rivolta maggiormente dalla psicologia sociale). In altre parole si analizzano i modi in cui il messaggio è trasmesso, le conseguenze della loro fruizione, le tecniche per una corretta comunicazione, nonché le modalità per riconoscere quando la comunicazione non è corretta.
UNA COMUNICAZIONE EFFICACE
Quali sono, dunque, le caratteristiche della comunicazione efficace? Nel manuale Effective Public Relations (1953), il professor Scott M. Cutlip della University of Winsconsin ne identificò sette. L’insieme di queste caratteristiche è conosciuto in inglese come 7 C’s of Communication (le 7 C
della comunicazione).
COMPLETEZZA (Completeness)
Per essere efficace, è necessario che la comunicazione sia completa, ovvero
che contenga tutte le informazioni necessarie al ricevente per valutare
un’offerta o una situazione, o per risolvere un problema. Comunicare in modo
completo permette di raggiungere gli obiettivi di comunicazione in modo più
rapido, poiché il ricevente ha già a disposizione tutti i dati per prendere le
proprie decisioni e si riduce la quantità di domande e dubbi nel ricevente.
CONCISIONE (Conciseness)
Un messaggio breve e un messaggio conciso non sono la stessa cosa. Essere
concisi infatti significa comunicare tutte le informazioni pertinenti al
contenuto del messaggio senza aggiungere dettagli inutili o ridondanti. Anche
un messaggio breve può, quindi, essere lacunoso o troppo fiorito. La
concisione è un elemento fondamentale della comunicazione efficace, poiché
permette tanto all’emittente quanto al ricevente di concentrarsi solo sulle
informazioni essenziali.
CONSIDERAZIONE (Consideration)
Per comunicare in modo efficace, è necessario che l’emittente prenda in
considerazione il punto di vista del ricevente, le sue necessità ed il suo stato
d’animo. Modulando la comunicazione sulla base dell’altro, l’emittente può
trasmettere le informazioni e i concetti in modo più efficace, poiché sarà in
grado di utilizzare argomenti ed esempi più vicini all’esperienza del ricevente
e, di conseguenza, più facilmente assimilabili e comprensibili.
CONCRETEZZA (Concreteness)
La comunicazione efficace è concreta, ovvero si basa su dati e fatti per
supportare i contenuti del messaggio. Comunicare in modo concreto significa
anche rispondere in modo puntuale alle domande, o sviluppare le proprie
argomentazioni partendo dal caso specifico in esame piuttosto che da teorie e
casi generali. La concretezza aumenta l’efficacia della comunicazione, perché
permette al ricevente di comprendere il messaggio in modo più
circostanziato e completo.
CORTESIA (Courtesy)
Comunicare in modo cortese, senza aggredire l’interlocutore e senza voler
forzare una risposta, migliora il clima della comunicazione e predispone
emittente e ricevente ad una conversazione positiva e costruttiva. La cortesia
nella comunicazione implica anche il rispetto dei valori e della cultura
dell’altro, nonché l’uso di un registro linguistico adatto al pubblico di
destinazione.
CHIAREZZA (Clearness)
Un’altra delle caratteristiche della comunicazione efficace è la chiarezza,
ovvero la specificità del messaggio. Comunicare in modo chiaro significa
concentrarsi su un solo obiettivo, enfatizzandone così l’importanza e
rendendo più semplice l’assimilazione del messaggio da parte del ricevente.
Un altro elemento importante per la chiarezza del messaggio è l’uso di una
terminologia appropriata, che riduce le possibilità di confusione e l’ambiguità
del messaggio.
CORRETTEZZA (Correctness)
Per essere efficace, infine, la comunicazione deve essere svolta in modo
corretto. L’assenza di errori grammaticali o sintattici migliora la chiarezza del
messaggio e ne aumenta l’impatto, influendo positivamente anche
sull’impressione che il ricevente ottiene dell’emittente durante la
comunicazione. Comunicando in modo corretto, l’emittente acquista
credibilità e, di conseguenza, aumenta la credibilità del messaggio

D’accordo, le regole di base sono importanti per dare una visione d’insieme di cosa sia la comunicazione professionale. Difficile applicarle tutte, se non con l’esperienza. E tante volte, anche dopo anni di mestiere ( o cosiddetto tale), l’obiettivo non viene centrato. I motivi sono parecchi.
A parer mio, al primo posto degli insuccessi, svetta l’anacronismo. La comunicazione infatti deve essere sempre aggiornata e in ogni modo al passo coi tempi. Invece, per incompetenza, per pigrizia, per timore di sbagliare – lasciare il certo per l’incerto: il nuovo spaventa, restare ancorati al vecchio rassicura – per disinformazione si utilizzano schemi e canoni prestabiliti. Ottusamente sicuri che così non si può sbagliare.
Ma la società nel frattempo si è evoluta e con essa usi e costumi, terminologia, tecnologia. E l’errore sta proprio nel non tenerne conto. Chi riceve il messaggio obsoleto ha sostanzialmente tre tipi di reazione:

1) Nota appunto che è obsoleto , quindi concentra la sua attenzione sull’errore e non fa caso alla comunicazione
2) Non recepisce inconsciamente il contenuto, gli scivola via perché non lo riconosce o non gli appartiene
3) Si offende, tanto per fare un esempio cito il recente messaggio pubblicitario della gioielleria Pandora: menziona ferri da stiro e aggeggi domestici per dire agli uomini di regalare gioielli alle donne. In un momento storico di continue battaglie femminili post emancipazione per la parità di diritti, dove purtroppo tra femminicidi e stupri viene marcata una debolezza senonaltro fisica e in cui dovrebbe essere ovvio, consolidato che un dono è un dono, non un oggetto per pulire la casa, lo spot resuscita lo stereotipo della massaia. Un flop di comunicazione notevole, non certo l’unico ma chiaro.

NB: La pubblicità è una forma di comunicazione di massa, ideata in genere da guru del settore e veicolata soprattutto dai mass media ( ma anche qua e là per le città, tra tram, metropolitane, autobus, pareti cittadine ad hoc).
I creativi dovrebbero inventare slogan, immagini, situazioni per entusiasmare/divertire ( No Martini? No Party!), colpire ( Oliviero Toscani per Benetton), conquistare (…, suscitare emozioni positive (Barilla-Mulino Bianco).

Ma la comunicazione professionale è altra cosa. E’ il modo quotidiano con cui aziende/Enti/società/privati si rivolgono all’esterno: a parole, per iscritto, con video o immagini.
Benché aggiornata, la comunicazione anni 2017-2018 deve comunque tener conto di alcuni fattori, perché deve rivolgersi a tutti ed essere capita da chiunque. Non essere ideologica o faziosa oppure religiosa, non esagerare in termini moderni ( magari non ancora collettivamente tanto noti) , non essere sessista.

E oltre all’importante modo di porsi, per essere efficaci bisogna personalizzare il contenuto. Oggi il generico è fuori moda, non va, non piace. Quindi tutti gli schemi base della comunicazione tradizionale possono essere utili solo come modello da evolvere.
Ciò non significa che la cortesia, tanto per esemplificare, non valga più. Semmai, non è più attuale rivolgersi a un top manager/medico/giornalista etc in modo standard-affettato, tipo “Egregio professor dottor Anselmo Rossi, Le invio con la presente quanto da Lei richiesto. Resto a Sua disposizione per ogni eventualità
Voglia gradire i miei più sinceri saluti”

Oggi è più efficace: “ Gentile dottor Rossi, le allego il documento sulla fusione societaria xy che mi ha chiesto. Spero le sia tutto chiaro, in caso contrario sono a sua disposizione
Cordiali saluti e a presto”

Occhio ai tempi significa dunque diverse cose. Dal modo di vestire a come porgersi.
Un altro aspetto di attualità riguarda infatti il look, che non significa dover spender tanto o poco per vestirsi, e neppure vestirsi bene o male ( fattore puramente soggettivo) , bensì non essere più schiavi della moda, come in passato.

Il look
Da quando Sergio Marchionne si è presentato ai CDA più rappresentativi in maglione, ha inconsapevolmente sdoganato una certa ritualità formale nell’abbigliamento dei top manager. Nessuno adesso fa più troppo caso se un VIP dell’alta finanza si presenta a un meeting senza camicia, gilet, giacca, cravatta. Tante convenzioni sono perlopiù acqua passata. Vestirsi chic o sul casual è una questione di gusto personale, benché l’apparenza sia importante nella comunicazione, è il primo messaggio che si dà di sé. Quindi l’informalità non deve mai sconfinare nella trasandatezza: il maglione va bene, ma che non sia vecchiotto e spelacchiato. E le scarpe, di qualunque modello, pulite e in ordine.

I brand/le firme
Anche firme e marchi non sono più, come in passato, i simboli delle persone di successo. Che li ostentavano proprio per dare l’immagine da vincenti. Oggi la globalizzazione ha soffocato molti standard per effetto di saturazione. E creato altre culture nella società, in primis l’amore per la personalizzazione. Abiti sartoriali, orologi e gioielli di alto livello artigianale, pezzi unici e via così. Il vero lusso non sta più nell’arrivare a un appuntamento di lavoro con la valigetta 24 ore di Louis Vuitton ( magari prestata da un amico, oppure acquistata di seconda mano o con finanziamento ) ma con una cartella in pelle che non ostenta griffe e, con a lato in piccolo, le proprie iniziali, realizzata manualmente da un abile pellettiere

Come porgersi?

Arroganza
Che in tanti, una volta raggiunto un certo vertice di carriera, vivano il power trip è risaputo. Non a caso gli americani hanno appunto battezzato power trip (delirio di onnipotenza) quell’insano atteggiamento arrogante, altezzoso, di superiorità che assumono taluni nei confronti di chi ritengono inferiore a loro.
Va detto che ultimamente il power trip è caduto un po’ in disuso, speriamo precipiti nel dimenticatoio…perché la società – soprattutto grazie ai social network – si sta aprendo e non vuole più sentirsi succube di qualcuno, anzi, vorrebbe essere protagonista. Come dimostrano le pagine personali dei social. Pertanto, oltre a essere una grave forma di maleducazione, l’arroganza (e le sue declinazioni) è fuori tempo. Il rischio oggettivo è che l’arrogante non funzioni

Rispondere sempre alle email
Oggi più che ieri, tirarsela non porta lontano. Un segnale concreto di rispetto verso l’interlocutore, ma anche un comportamento da esperti in comunicazione è rispondere alle email sensate che si ricevono. Anche qualche giorno dopo se si è molto impegnati, ma rispondere. Se e quando non è proprio possibile farlo in prima persona, si delega l’assistente, la segretaria e via dicendo. Naturalmente dipende anche dal tipo di rapporto che si ha con chi scrive.